Sappiamo tutti che l’esposizione agli inquinanti diffusi nell’atmosfera, come il gas di scarico e le polveri sottili, è nociva per la nostra salute. Al contrario, c’è ancora una scarsa consapevolezza dei rischi che derivano dal radon.
Per avere un’idea della sua pericolosità, ti basti pensare che -in quanto elemento radioattivo– il radon rappresenta una minaccia per tutti coloro che lavorano o abitano in ambienti dove la sua concentrazione supera la soglia di guardia. Un’eventualità tutt’altro che insolita, visto che il radon si libera spontaneamente dalla crosta terrestre e tende ad accumularsi negli ambienti chiusi, come nei seminterrati o al piano terra degli edifici.
Ma andiamo con ordine e vediamo quali sono le sue caratteristiche e come puoi proteggerti.
Cos’è il radon e da dove arriva?
Il radon è un gas nobile, quindi non dà luogo a reazioni chimiche pericolose e non si combina con altri elementi. È un prodotto del decadimento radioattivo dell’uranio, presente naturalmente all’interno del nostro pianeta e diffuso ovunque. La sua concentrazione varia in funzione della disposizione geografica e della presenza di rocce vulcaniche nel sottosuolo.
Proprio perché si tratta di un gas, il radon può spostarsi e sfuggire dalle porosità del terreno, disperdendosi nell’aria o nell’acqua. Può filtrare lentamente attraverso la crosta terrestre per liberarsi in atmosfera. Così come può sciogliersi in quantitativi apprezzabili nell’acqua di falda ed essere trasportato in superficie tramite i pozzi artesiani e geotermici.
I materiali edili che derivano da rocce vulcaniche (per esempio il tufo), estratti da cave o derivanti da lavorazioni dei terreni, sono ulteriori sorgenti di radon.
Perché è pericoloso per la salute?
Il radon può aderire al pulviscolo presente nell’aria che respiriamo ed essere veicolato all’interno degli alveoli polmonari. Decade in circa 4 giorni, emettendo particelle ionizzanti che sono a loro volta radioattive.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il radon nel Gruppo 1 delle sostanze con evidenza di cancerogenicità, il livello più alto. È considerato la seconda causa di tumore al polmone, subito dopo il fumo di sigaretta. Alcuni studi evidenziano addirittura una sinergia tra le due sostanze.
Ciò che rende il radon particolarmente insidioso è la sua presenza inodore e invisibile, che non può essere percepita se non tramite misurazioni strumentali.
Gli obblighi per i datori di lavoro
Gli ambienti a diretto contatto con il suolo, quali cantine e seminterrati, sono i più esposti al rischio radon. Il gas, infatti, si accumula negli ambienti confinati fino a raggiungere concentrazioni considerate dannose dalla normativa vigente.
Il D.Lgs. 241 del 2000 individua per gli ambienti lavorativi una concentrazione massima di 500 Bq/m3. Se sei un datore di lavoro, sei tenuto a monitorare periodicamente l’esposizione dei tuoi dipendenti all’inquinante. Mentre gli enti di controllo (ARPA e ASL) vigilano sull’applicazione delle disposizioni e sullo stato di salute dei lavoratori.
Nel caso la concentrazione risulti superiore al limite di riferimento, è importante che tu provveda all’esecuzione di interventi di bonifica più o meno complessi. Dalla maggiore ventilazione dei locali sino all’applicazione di una depressione intorno agli edifici.
Come si determina la presenza del radon?
Le Linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati, sancite dalla Conferenza Stato – Regioni del Settembre del 2001, pongono grande attenzione al problema radon. Il testo regolamenta l’individuazione degli ambienti a rischio e l’estensione dei piani di monitoraggio.
In particolare, bisogna tenere presenti le possibili variazioni spaziali e temporali. Edifici adiacenti possono avere concentrazioni molto diverse, così come vi sono forti variazioni tra giorno e notte, tra estate e inverno e tra diverse condizioni meteorologiche. A causa di queste fluttuazioni, per avere una stima precisa della concentrazione media di radon in un edificio, è necessario che la misurazione copra un periodo sufficientemente lungo, almeno un anno.
Per la misurazione si utilizza un piccolo dispositivo chiamato dosimetro. Al suo interno è presente un materiale che, essendo sensibile alle particelle alfa emesse durante il processo di decadimento del radon, rimane impresso con tracce indelebili. Il numero di tracce presenti sul materiale -e osservabili con appositi microscopi- rivela la concentrazione del gas nell’ambiente.
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