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Sei qui: Home » Notizie » Rischio vibrazioni: criticità nella valutazione e riferimenti normativi

Rischio vibrazioni: criticità nella valutazione e riferimenti normativi

Pubblicato il 11 Novembre 2025 Categorie Notizie

Il rischio da vibrazioni nei luoghi di lavoro è una delle tematiche più complesse e sottovalutate nell’ambito della salute e sicurezza. Nonostante la presenza di una normativa chiara e consolidata, la valutazione del rischio vibrazioni presenta ancora oggi numerose criticità, spesso legate a una scarsa conoscenza tecnica, all’uso improprio di dati di esposizione e alla sottostima degli effetti sulla salute dei lavoratori.

📘 Normativa di riferimento

Il principale riferimento normativo italiano per la valutazione del rischio vibrazioni è il Decreto Legislativo 81/2008, in particolare l’Allegato XXXV, che distingue tra:

  • Vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio (HAV): tipiche di utensili manuali come martelli pneumatici, trapani, smerigliatrici.
  • Vibrazioni trasmesse al corpo intero (WBV): comuni nei settori dell’edilizia, dell’agricoltura e dei trasporti, dove i lavoratori sono esposti a vibrazioni attraverso sedili o superfici di appoggio.

Il decreto stabilisce due soglie fondamentali:

  • Valore d’azione giornaliero (A(8)): 2,5 m/s² per HAV e 0,5 m/s² per WBV.
  • Valore limite di esposizione: 5 m/s² per HAV e 1,15 m/s² per WBV.

⚠️ Principali criticità nella valutazione

  1. Affidamento esclusivo a banche dati o dati del costruttore Una delle criticità più frequenti è la tendenza a basare la valutazione del rischio esclusivamente su dati teorici forniti dai produttori o presenti in banche dati. Questi valori, sebbene utili come riferimento iniziale, non tengono conto delle condizioni reali di utilizzo, dell’usura degli strumenti o delle modalità operative specifiche del lavoratore.
  2. Sottovalutazione dell’esposizione intermittente. La normativa impone di considerare anche le esposizioni intermittenti o a urti ripetuti. Tuttavia, spesso nella pratica si tende a trascurare questi aspetti, portando a una sottostima del rischio effettivo. Le vibrazioni non continue, sebbene meno evidenti, possono avere effetti cumulativi significativi sulla salute.
  3. Mancanza di monitoraggi periodici. La valutazione del rischio dovrebbe essere dinamica e aggiornata nel tempo. Tuttavia, molte aziende effettuano una sola misurazione iniziale, senza considerare l’evoluzione delle condizioni operative, l’invecchiamento delle attrezzature o i cambiamenti nei turni di lavoro.
  4. Inadeguata formazione e sensibilizzazione. La formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro sul rischio vibrazioni è spesso insufficiente. Questo porta a comportamenti non corretti nell’uso degli strumenti e a una scarsa consapevolezza dei sintomi precoci delle patologie correlate.

🧪 Dati scientifici e impatti sulla salute

Numerosi studi scientifici hanno evidenziato gli effetti negativi dell’esposizione prolungata alle vibrazioni:

  • Secondo l’INAIL, l’esposizione a vibrazioni mano-braccio può causare la sindrome di Raynaud occupazionale, nota anche come “dito bianco da vibrazione”, oltre a disturbi muscolo-scheletrici e neurologici.
  • Le vibrazioni al corpo intero sono associate a lombalgie croniche, ernie discali e disturbi dell’equilibrio. Uno studio pubblicato dall’Università di Padova ha rilevato che i lavoratori esposti a WBV per oltre 10 anni hanno un rischio doppio di sviluppare patologie lombari rispetto alla popolazione generale.
  • L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) ha sottolineato che circa il 7% dei lavoratori europei è esposto a vibrazioni meccaniche per almeno un quarto del proprio orario lavorativo.

🛠️ Buone pratiche e soluzioni

Per affrontare efficacemente le criticità nella valutazione del rischio vibrazioni, è fondamentale:

  • Effettuare misurazioni strumentali in situ, con strumenti tarati e secondo le norme ISO.
  • Integrare i dati misurati con l’analisi delle condizioni operative, considerando durata, frequenza e modalità d’uso degli strumenti.
  • Formare i lavoratori sul corretto utilizzo delle attrezzature e sui segnali precoci di patologie da vibrazione.
  • Adottare misure tecniche e organizzative: manutenzione regolare degli strumenti, sostituzione con attrezzature a bassa vibrazione, rotazione dei compiti, pause programmate.
  • Aggiornare periodicamente la valutazione del rischio, soprattutto in caso di modifiche operative o introduzione di nuove attrezzature.

📣 Conclusioni

La valutazione del rischio vibrazioni non può essere un mero adempimento burocratico. Richiede competenze tecniche, attenzione alle condizioni reali di lavoro e un approccio dinamico e partecipativo. Solo così è possibile garantire una protezione efficace della salute dei lavoratori e rispettare gli obblighi normativi.

Per approfondire, è possibile consultare le linee guida INAIL e il D.Lgs. 81/2008, Allegato XXXV.

Se lavori nel settore HSE o sei un RSPP, quali strategie adotti per una valutazione efficace del rischio vibrazioni? Condividi la tua esperienza nei commenti!

 

 

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