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Sei qui: Home » Notizie » Audit ESG: cosa chiedono e come prepararsi nell’era della sostenibilità

Audit ESG: cosa chiedono e come prepararsi nell’era della sostenibilità

Pubblicato il 14 Ottobre 2025 Categorie Notizie

Negli ultimi mesi, la pressione per una maggiore trasparenza e responsabilità ha portato un numero crescente di aziende a doversi confrontare con l’Audit ESG, comprese le realtà di piccole dimensioni. Non si tratta più di una semplice tendenza etica, ma di un vero e proprio requisito competitivo che sta rimodellando il panorama aziendale. Ma cosa comporta esattamente questo tipo di verifica e quali sono le richieste che le imprese si trovano ad affrontare?

Cos’è un Audit ESG?

L’acronimo ESG sta per Environmental, Social, and Governance (Ambientale, Sociale e di Governance). Un Audit ESG è, in sostanza, un’attività di verifica indipendente della performance di un’organizzazione in queste tre aree cruciali. Il suo obiettivo è misurare, valutare e validare in modo oggettivo l’impegno e i risultati dell’azienda in materia di sostenibilità.

Chi lo richiede un Audit ESG e perché?

La richiesta di un Audit ESG può provenire da diverse direzioni, a testimonianza della crescente importanza del fattore sostenibilità per gli stakeholder:

  1. I Clienti: Soprattutto i grandi gruppi, che devono rendicontare la propria catena del valore (filiera) in conformità con normative come la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), chiedono ai propri fornitori – spesso PMI – di dimostrare il rispetto di determinati standard ESG.
  2. Investitori e Istituti Finanziari: Questi soggetti utilizzano i dati ESG per valutare i rischi non finanziari, l’affidabilità a lungo termine e l’accesso a finanziamenti green o agevolati.
  3. Enti di Certificazione o Organismi di Controllo: Per l’ottenimento di certificazioni specifiche o per adempiere a requisiti normativi.

Le Richieste al Centro dell’Audit ESG

Indipendentemente dal richiedente, le verifiche si concentrano su pilastri fondamentali, volti a garantire la trasparenza e l’affidabilità delle informazioni:

Dati Ambientali (E): Si analizza l’impronta ecologica, con richieste specifiche su:

  • Emissioni: Monitoraggio delle emissioni Scope 1 e 2, e talvolta anche delle più complesse Scope 3 (relative alla catena del valore).
  • Consumi: Monitoraggio dell’uso di energia e acqua e della gestione dei rifiuti.
  • Biodiversità: Azioni concrete per la protezione degli ecosistemi.

Politiche Sociali (S): Si valuta l’impatto dell’azienda sui propri dipendenti e sulla comunità:

  • Inclusione e Diversità: Politiche per la parità di genere, la diversità e l’inclusione.
  • Salute e Sicurezza: Dati sugli infortuni e sulle misure di prevenzione sul lavoro.
  • Sviluppo del Personale: Monitoraggio della formazione non obbligatoria e adeguatezza delle retribuzioni.

Governance Aziendale (G): Riguarda la struttura e i processi decisionali:

  • Etica e Compliance: Presenza di un Codice Etico, Modelli Organizzativi (es. D.Lgs. 231/01) e sistemi di gestione certificati.

Tracciabilità e Affidabilità: Elemento cruciale è la capacità di dimostrare che tutte le informazioni rendicontate siano tracciabili, accurate e verificabili.

Le Difficoltà del Momento: La Mancanza di Standard Univoci

Una delle maggiori sfide, soprattutto per le aziende che si affacciano per la prima volta a questi temi, risiede nella mancanza di standard univoci e universalmente riconosciuti per la rendicontazione ESG. Non essendoci un unico metodo di riferimento, le imprese possono trovarsi a gestire audit successivi basati su schemi e criteri anche molto diversi tra loro, con un notevole dispendio di tempo e risorse. Spesso, per le micro e piccole imprese, molti dei dati richiesti non sono monitorati con la dovuta accuratezza.

Gli Standard Europei per una Nuova Coerenza

In questo contesto, gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards) rappresentano una svolta. Essi forniranno finalmente una guida comune per la rendicontazione ESG in Europa per le grandi imprese soggette all’obbligo della CSRD. L’obiettivo è creare un linguaggio condiviso che aumenti la comparabilità e l’affidabilità delle informazioni tra aziende, revisori e stakeholder.

La Sostenibilità per le Piccole Imprese: I Primi Passi Volontari

Per le PMI che non sono soggette all’obbligo CSRD ma che subiscono la pressione della catena del valore (i loro clienti), l’approccio deve essere strategico e graduale:

  1. Consapevolezza Strategica: Riconoscere che la sostenibilità è oggi un requisito competitivo che facilita l’accesso al credito e al mercato.
  2. Costruire una Conformità di Base: Iniziare con il monitoraggio dei dati più accessibili e la formalizzazione di politiche fondamentali (es. gestione dei rifiuti, sicurezza, parità di genere). Documentare ciò che già viene fatto è il primo passo per trasformare le buone prassi in reportistica.
  3. Standardizzazione con le VSME: Per le aziende con meno di 1.000 dipendenti, le VSME (Voluntary Sustainability Reporting Standard for non-listed SMEs) offrono un eccellente punto di partenza. Questa griglia semplificata, sviluppata dall’EFRAG in linea con gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards), aiuta le PMI a organizzare i propri dati ESG in modo coerente e confrontabile. L’adozione volontaria delle VSME è strategica per rispondere in modo standardizzato alle richieste dei clienti più grandi e per prepararsi al meglio ai futuri audit, trasformando un onere in un vantaggio competitivo.

In conclusione, l’Audit ESG è il termometro di una trasformazione epocale. Le aziende che sapranno anticipare queste richieste, adottando strumenti come le VSME e puntando sulla tracciabilità dei dati, non solo supereranno gli audit, ma rafforzeranno anche la propria resilienza e il proprio valore di mercato a lungo termine.

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